Comunemente si pensa ad infanzia e gioventù come a periodi spensierati della vita, ma oggi le cose sembrano essere cambiate.
Per entrare nel mondo del lavoro non bastano più la buona volontà e la scuola dell’obbligo. La società richiede impegno, preparazione e specializzazione. Andare a scuola si configura come la sfida cognitiva e motivazionale impegnativa che bambini e ragazzi si trovano a dover affrontare nel corso della loro crescita (Bandura 1995).
Tutto ciò richiede un costo in termini di energie intellettive, emotive e fisiche. Il risultato a volte può essere una profonda stanchezza, alti livelli di stress e disturbi legati al sentirsi sotto pressione. Oltre alle richieste scolastiche, però, contribuiscono ad aumentare il carico le cattive abitudini e il clima familiare…
Ed è proprio nel periodo in cui si avvicina la fine dell’anno scolastico che si possono riscontrare stress, forme di disagio relazionale e problemi psicosomatici tra gli studenti. La stanchezza da studio compare ovviamente quando c’è un sovraccarico e va considerata un “segnale” inviato dal corpo che può avere diverse ragioni di base: Alcuni studi infatti hanno messo in luce il fatto che la concentrazione tende a calare notevolmente dopo circa un’ora dall’inizio del lavoro intellettuale. Pertanto, invece di puntare ad uno studio continuato senza pause, è meglio organizzare il tempo in blocchi di studio da circa 50-55 minuti ognuno, intervallati da pause di 10-15 minuti. La maggior parte delle persone con problemi di stanchezza da studio poi non riposa sufficientemente. In particolare studia fino a notte fonda e si sveglia tardi la mattina, sconvolgendo il ritmo sonno-veglia. Questo è sbagliato perché il nostro cervello è tarato per essere più attivo la mattina e diminuire progressivamente la sua efficienza verso sera, quando effettivamente sono più indicate le attività rilassanti. Molte persone ad esempio si persuadono di non essere portate per una determinata disciplina scolastica solo perché il modo in cui gli è stata insegnata l’ha resa particolarmente ostica, apparentemente complessa. Tutto questo sta ad indicare la possibilità che un allievo possa andare incontro all’insuccesso scolastico malgrado le sue competenze cognitive siano perfettamente integre ed efficaci, ci sia un’adeguata motivazione all’apprendimento e si impegni nello studio.Leggi l'articolo completo
A partire dalle prime classi, la scuola propone un accrescimento progressivo delle richieste basandosi su quelle già acquisite. Presuppone cioè apprendimenti cumulativi e pertanto, una mancanza momentanea può avere una ricaduta producendo difficoltà in un momento successivo. Sia nell’ambito della stessa disciplina sia in relazione ad altre materie. Queste caratteristiche la rendono sin dall’inizio un’agenzia educativa complessa anche perché il suo essere pubblica implica che le capacità o incapacità di ognuno vengano mostrate ad altri.
Per alcuni allievi l’esposizione al giudizio altrui o solo l’essere oggetto di osservazione è fonte di tensione e stress.
Oltre che ad una caduta motivazionale, il disturbo più frequente è l’insonnia. Seguono irascibilità e nervosismo. Al terzo posto in ordine di frequenza i disturbi riguardano il mal di testa che colpisce soprattutto le ragazze. Al quarto posto in ordine di frequenza, ma non di importanza, i ragazzi lamentano uno stato di abbattimento.
Ma ci sono anche delle cattive abitudini che peggiorano le performance e impediscono di sfruttare pienamente le risorse individuali.
Innanzitutto va smentita la credenza che il cervello abbia bisogno di zuccheri. Esso ha sì bisogno di glucosio, ma di quello ottenuto a partire dai carboidrati complessi. Dunque mangiare zuccheri (cioè carboidrati semplici: dolci, bevande zuccherate, molti prodotti industriali) prima di mettersi sui libri è il modo migliore per soffrire di stanchezza da studio. La glicemia si alza velocemente e si abbassa altrettanto rapidamente ad opera dell’insulina, creando di nuovo il senso di fame e mandando in crisi il cervello (e causando la ben nota sonnolenza). Prima di studiare è quindi importante curare l’alimentazione, scegliendo un pasto a basso carico glicemico (ad esempio accostando i legumi ai cereali).
Ogni 50 minuti circa è utile fare una pausa.
Anche se alcune persone sostengono di studiare meglio di notte (e ciò può esser vero), in ogni caso la qualità del sonno ne risentirà e quindi il giorno successivo si accuseranno maggiore stanchezza e sonnolenza.Va inoltre considerato che alcuni insuccessi scolastici possono essere determinati semplicemente da una incompatibilità tra stile d’insegnamento e stile di apprendimento (Stemberg 1996).
Che dire infine dell’impatto del rendimento scolastico sulla vita familiare?
Alle ansie, depressioni, collera e stress degli allievi, molto spesso si aggiungono quelle dei genitori! Si può vivere la delusione di non vedere realizzate le aspirazioni di successo che si nutrivano da sempre sul proprio bambino. O, al contrario, si possono concretizzare i timori rispetto alla sua scarsa capacità o difficoltà. Per non parlare del rispecchiamento della propria esperienza personale! Frequentemente capita infatti di sentire genitori dire del proprio figlio “anche lui come me a scuola è molto vivace, odia la matematica, ecc.” Ecco che questi fattori diventano una miscela esplosiva, un carico che lo studente deve gestire oltre quello che la scuola richiede.
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